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lunedì 14 maggio 2012

Don't Trust the B**ch in Apartment 23

Ho dato un primo sguardo a questo telefilm. Don't Trust the B**ch- in Apartment 23. Dove la parola che l'asterisco "bippa" è facilmente comprensibile.

Già il titolo in qualche modo anticipa che genere di serie comica scorretta voglia essere, un pò come S**t my Dad says. Altra serie dal titolo censurato, altra serie che voleva essere politicamente scorretta, o comunque era nata per esserlo.



Nella sostanza...sembra il tentativo di volere trasferire alcune delle chiavi di successo delle serie animate americane in un telefilm. Un tipo di comicità sicuramente audace, a volte volgare, sicuramente provocatoria e forse per alcuni tratti incrediblmente realistica nel suo essere fuori dagli schemi e palesemente esagerata.

I personaggi allo stesso modo sono ingigantiti nei loro difetti e nel relativo carattere tragicomico.

C'è la ragazza di provincia, che vuole vivere la sfida della grande città che sembra ricalcare lo stereotipo della donna che vuole una vita tutta organizzata (bell'appartamente, bel lavoro, ragazzo da sposare, famiglia amorevole) ma che in realtà sembra stranamente sollevata dalla prospettiva di vedere tutto questo quadretto distruggersi improvvisamente.

C'è la coinquilna sociopatica, terribilmente crudele, priva di sentimenti, sempre pronta ad imbrogliare, ingannare, distruggere e rubare..un supercattivo dei fumetti, trasferito nel corpo di una newyorkese assolutamente non innocente.

C'è James Van Der Beek (il Dawson di Dawson's Creek) che interpreta sé stesso, replicando il successo della propria autoironica caricatura già sperimentata in alcuni video rilasciati su internet, qualche anno fa. Non potendosi scrollare l'etichetta di Dawson o di Beek from the Creek, ha preferito giocarci su ed alimentare il "culto" che è nato su di lui nella cultura pop. Si rimane, infatti, sorpresi dal numero di citazioni che lui o il suo personaggio Dawsono hanno ricevuto all'interno di programmi, videoclip, telefilm e film.

La serie ha i suoi pregi perchè crea delle scene divertenti e la grottesca assurdità di alcune situazioni piacerà a coloro i quali si nutrono dei cartoni di Seth McFarlane (I Griffin o American Dad). Nel complesso è interessante e promettente. Tuttavia è troppo presto e troppo poco è stato fatto vedere ancora per ipotizzare un vero successo di pubblico e una continuità su buoni standard di qualità. Del resto il tipo di comicità in cui si cimenta non è facile, ad alto rischio di stonature e di cali di stile.

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