Quanto è importante la prima impressione? Dovrei dire molto, visto che io credo all’amore a prima vista, eppure mi accorgo di come spesso proiettiamo su coloro che incontriamo la prima volta, una serie di sensazioni ed aspettative che discendono esclusivamente da come ci sentiamo in quel momento, da ciò che stiamo cercando, da chi siamo o vogliamo essere quella sera. Insomma spesso nulla di ciò che vediamo degli altri al primo vero sguardo appartiene a loro, bensì è il frutto di ciò ce noi immaginiamo o desideriamo.
Parlare, sparlare, uscire, mangiare, fondamentalmente la mia esperienza a 360 gradi nella città eterna
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martedì 27 marzo 2012
giovedì 22 marzo 2012
Mens sana in corpore sano
Parte I
- Emyyy! Sono arrivati i tappetini nuovi! Quando andiamo a prenderli? Ah non vedo l’ora di provare la posizione del cane... speriamo di non scivolare come l'altro giorno!
- Twittale che andiamo mercoledì in pausa pranzo così almeno siamo pronte per la settimana prossima, intanto meditiamo...
- Ok! Hei appena finito di mangiare facciamo qualcosa? Tanto magari i piatti li fa Alex... vero Alex? Grazie sei un tesoro!
Figurati - dico io e mi richiudo in silenzio a contemplare il vuoto dei miei pensieri.
domenica 5 febbraio 2012
Siamo sempre gli ultimi a sapere
A volte siamo gli ultimi a sapere cosa accade nella nostra vita. Qualcosa è già successo, tutti intorno a noi l’hanno visto, magari già commentano. Eppure noi, con un viso che deve parere agli altri di una strabiliante e tenerissima ingenuità, continuiamo a non capire. Come se nulla fosse la realtà che ci circonda sembra pressoché la stessa.
- Angie penso tu debba dirglielo
- Cosa?
- Dico penso tu debba dire ad Arturo che vi siete lasciati.
- Ale, pensi che lui non lo sappia?
- Non saprei, continua a venire qui a casa, si siede come se nulla fosse sul divano, ti aspetta mentre guarda la tv. Secondo me, proprio aggiornatissimo non è.
- Credo stia semplicemente metabolizzando.
- Angie è più di una settimana che vi siete lasciati.
- Due.
- Appunto. Non credi di doverci scambiare due parole, che ne so per svegliarlo, una cosa tipo “Ciao Arturo come va? Tutto bene a lavoro? A proposito, mi chiedevo, ti ricordi che non stiamo più insieme da un mese e che insomma non è che devi venire qui tutte le sere?”.
- Lo devo cacciare?
- No, non lo devi cacciare, lo devi sollecitare, quello basterebbe.
- Si lo so, però è tanto caro.
- Angie stasera stai uscendo e Arturo è qui, non lo so non è un po’ strano? - Capisco tutto, capisco anche in questa casa il concetto di normalità sia alquanto vago ed approssimativo, però parlaci.
- Ti sembra facile?
- No, lo so, ma mica vorrai che lo faccia io?
- Veramente ci parlesti? Grazie Ale mi faresti un favore, perché tu sei sicuramente più bravo con le parole, poi sei un ragazzo ed inoltre hai molta esperienza.
- Esperienza in cosa, di grazia? Nell’essere lasciati?
- Non intendevo quello, anche se certo ti è capitato molto più spesso e sai come si reagisce. Ora io vado di là.
- Angie!
- Lo so, lo so, ora gli parlo.
- Brava. Dai sono qui. Semplice. ....Segue
mercoledì 25 gennaio 2012
lunedì 16 gennaio 2012
Dieta a base di Pizza 2a parte
Ora, quanto vi ho detto nel mio post precendente è, diciamo, semplicemente un breve tratto riassuntivo del fenomeno.
Cosa succede se applicate il tutto nella realtà quotidiana e lo fate rivivere in una unica casa e lasciate che vi si sottopongono delle persone per cui l'alimentazione sfrenata è più che un divertimento bensì un modo di vivere?
Il risultato più immediato è la possibilità di osservare con assoluto compatimento per il genere umano, o per ciò che ne resta, deboli tentativi di auto convincimento, imbarazzanti espressioni di masochismo alimentare senza alcuna base scientifica, forse solo quella astrologica, e soprattutto, la cosa più triste, potrete vedere di fronte ai vostri occhi esseri viventi, ma probabilmente poco pensanti, che si auto-infliggono punizioni e si sottopongo da soli a dei trabocchetti pur di non mangiare.
Questo è quello che ho iniziato a vivere nella mia dolce casetta allorchè l’altra sera Angie ed Enrico consultavano una rivista di critica postmoderna ai costumi capitalistici, in cui intervengono firme con forti influenze dell’area letteraria ermetica, Vanity Fair. Noi siamo abbonati. Lo dico con un certo orgoglio perchè lo leggo anche io, di nascosto, sul divano in quelle giornate in cui anche accendere la Tv mi sembra uno sforzo eccessivo. I due sono impalliditi, quando probabilmente hanno iniziato a capire che l'inverno durerà ancora, che fa freddo, ma che prima o poi le giornate si allungheranno, il sole sarà meno timido, la temperatura invece più afosa ed alla fine leveremo i maglioni, i giacconi, le sciarpe e tutto il resto degli scafandri che gelosamente oggi stanno nascondendo i vizi e gli stravizi del Natale .
Formaggi, cioccolati e caramelle sono stati esiliati e i loro rispettivi scompartimenti sono stati abusivamente occupati da un gruppo di verdure di cui non conosco tutti i nomi.
So che ogni trenta minuti si sente un crok di finocchi, un crik di cetrioli. Si mangi sano insomma. i giorni sono passati mentre io mi permettevo quando ero fuori a pranzo delle piccole deviazioni culinarie. Siamo giunti a venerdi. i miei due coinquilini, sorridevano guardandosi l’un l’altro, fieri del loro digiuno cosmico. Nonostante il sorriso e il modo in cui probabilmente si vedevano splendere reciprocamente, devo dire che entrambi apparivano piuttosto con un colore itterico e il ritmo da bradipi. Poi ad un certo punto stasera, un urlo, straziante, come di ferraglia che cade, seguita da un tram che sfugge ai binari, un gesso che stride lungo una lavagna di dieci metri. Porte che si sbattono. Vedo mio fratello Enrico che corre, entra in stanza di Angie, poi bussa in bagno, entra. Un urlo, poi il silenzio, un altro urlo, più profondo, quelli da depressione del ‘29, singhiozzante. Dopo dieci minuti di calma piatta, mentre mi preparavo l’insalata e cercavo un programma in grado di distrarmi senza innervosire le mie capacità intellettive, appaiono entrambi i miei due cari coinquilini.
Tutta la settimana ero stata una palla al piede chiedendo che si preparasse la pasta, piuttosto che la frittata, volevo farmi perdonare. Ed eccomi là, porgendo la cosa che so cucinare meglio.
- Stasera insalatona.
- F#### te e la insalatona, siamo ingrassati di un chilo, io voglio mangiare, quindi mettila in frigo che si va fuori.
- Non capisco...io ho preparato la insala...
- Ehi non hai sentito tuo fratello, stasera usciamo, capito, chiama Emy e dille che si mangia pizza.
- ok non serve essere aggressivi la chiamo.
- corri!
Nel frattempo i due si erano scaraventati su internet, in cerca di un posto dove andare. Mi sono permesso di dire però che Emy era già uscita ed era a casa di una sua amica, verso cinecittà e che bisognava andarla a prendere.
- Noi abbiamo fame
- Ok, questo l’avevo intuito, andiamo di corsa a prenderla e mangiamo lì vicino, ok?
- La macchina.
Ed è così che ci siamo imbattuti, quasi per caso, in questa pizzeria alla buona (dall’esterno non le avremmo dato un soldo bucato!)… il profumo del forno, la gente assiepata. Ecco a voi Sforno
Dieta a base di Pizza 1a parte
No scusa sto a dieta!
E’ una delle frasi maggiormente utilizzate al mondo.
Una risposta universale, che trova diverse interpretazioni mimiche, da parte di coloro che invocano questo santo mantra ogni volta che aprono la stagione dello sgonfiamento addominale. Spesso viene proferita con uno sguardo di traverso verso il boccone di cibo offerto (si tratta dei cosiddetti dietisti sguinci, ovvero non mangio, ma se ti avvicini di un altro palmo, infilzo il cibo e te insieme e ne faccio un boccone).
Il più delle volte si forma una fossetta di sofferenza al lato della bocca, immediatamente seguita da un tic all'occhio che rivela un'espressione di intima sofferenza che lambisce il più profondo io, dilaniato dal calcolo delle calorie appese su quella forchetta posta a pochi centimetri dalla bocca (si tratta dei dietisti con vista alterata: non la vorrei fare ma mi vedi...sono obeso/a anche se la bilancia dice che il mio peso è nella norma, io lo so che sono grassissimo/a e non posso più mangiare, mai più).
La scuola di espressione che preferisco è però, neanche a dirlo, quella classica e forse più rigorosa, che accompagna la frase con un eloquente gesto della mano volto a stoppare qualsiasi altra insistenza (i famosi dietisti supplicanti: ti supplico, no ti prego, ti scongiuro non ti avvicinare o non rispondo delle miei azioni, ti giuro è la mia natura che si ribella, non farmi vedere cibo). Probabilmente la vera finalità del gesto di pietà che si fa con le mani è proprio quella di allontanare il più possibile la vista di quanto viene gentilmente porto, imponendo una barriera.
Rispetto a costoro però stimo ancora di più coloro i quali riescono con una farisea indifferenza a guardare il proprio gentile aguzzino sorridendo, facendo trasparire un'ascetica soddisfazione, di chi già da tempo ha saputo saggiare le vette del digiuno e della pace della bile e proferisce un no scusa sono a dieta, con lo stesso tono di chi dice
(i) no non uso il pc, ho il mac, sei obsoleto!?
(ii) ma che non stai su facebook, sei disoso!?,
(iii) veramante non hai mai mangiato il sushi, ti prego, sei veramente s-fashion!? Ovvero, si comporta come se si volesse girare intorno e dire agli astanti, “Ehi guardate questo non fa la dieta, è proprio fuori dal mondo” (si tratta degli indodietisti, hanno uno sguardo misto fra estasi sublime e rincoglionimento ipocalorico, probabilmente provano una fitta allo stomaco dovuta al vuoto pneumatico che impera nella viscere, ma ne sono ormai diventati dipendenti e pertanto cercano di prolungarlo, oppure semplicemente preferiscono non ammettere che anche loro muoiono dalla voglia di farsi un tre etti di bucatini).
La frase io sono a dieta rivela una tendenza a procurarsi uno stato di auto afflizione permanente, una specie di punizione a cui ci si sottopone con pia reverenza e profonda ammirazione nei confronti dei più alti canoni di bellezza. Forse in passato no, ma oggi questa religiosa professione di astinenza non ha sesso, uomini e donne sfogliano nervosamente pagine di giornali, consultano tabelle come consumati contabili, rispolverano l'antica arte del calcolo mnemonico, pur di essere pienamente preparati all'attivismo anticalaroico più sfrenato.
Sono ben pochi coloro rimasti immuni.
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